Vecchi e nuovi problemi della sociologia dell’educazione
Per analizzare i compiti della sociologia dell’educazione si deve evidenziare un duplice ordine di attenzione:
a) contestualizzare e storicizzare il rapporto educazione e società;
b) considerare contemporaneamente azione e struttura nelle loro interazioni reciproche
di Filippo Nobile
Spesso la sociologia dell’educazione ha teso a lavorare prescindendo dal legame della sociologia generale e, quindi, riducendosi ad analisi e a soluzioni di problemi pratici.
Invece, la sociologia dell’educazione costituisce un campo applicativo della teoria sociologica ed implica una piena attivazione di paradigmi, concetti e metodologie della scienza sociologica. È per questa ragione che bisogna tener conto delle implicazioni reciproche tra teoria e ricerca e soprattutto dell’apporto delle analisi condotte in ambito educativo al consolidamento e all’avanzamento della stessa teoria sociologica.
Le principali chiavi di lettura sociologica dei fenomeni educativi
Il rapporto educazione società è stato analizzato e studiato per molto tempo dai diversi studiosi tra i quali ricordiamo Duzkheim, Weber e Marx. Le analisi di questi modelli hanno portato alla nascita di approcci teorici al problema educazione società chiamate neomarxsismo, neofunzionalismo e infine neoweberiano.
Col riferimento al neomarxsismo, si continua a considerare l’educazione in termini sovrastrutturali. Le teorie sulla produzione sociale e sulla produzione culturale evidenziano il rapporto tra la struttura sociale e i risultati dell’educazione.
Il neofunzionalismo, invece, è tuttora alla ricerca della soluzione dell’antinomia tra funzionalità del sistema sociale e autonomia del sottosistema educativo. A questo riguardo Luhmann sostiene un’intrinseca autonomia del sistema educativo rispetto agli altri sistemi costitutivi della società.
La sociologia neoweberiana appare il filone ancora meno esplorato e suscettibile di apparati innovativi proprio perché questo approccio tiene conto nello stesso tempo di più fattori, da quello economico a quello simbolico. Questo terzo filone presenta un virtuale collegamento con la realtà dei fenomeni microsociali che sottolineano, inoltre, il dualismo weberiano di strutture e soggetto. Dunque, un quarto approccio della sociologia dell’educazione che trova i propri riferimenti teorici nella fenomenologia dell’interazionismo simbolico e nella etnometodologia.
Uno scenario di riferimento
Per analizzare i compiti della sociologia dell’educazione si deve evidenziare un duplice ordine di attenzione:
a) contestualizzare e storicizzare il rapporto educazione e società;
b) considerare contemporaneamente azione e struttura nelle loro interazioni reciproche.
I mutamenti della nostra società hanno evidenziato un’indubbia crescita di flessibilità, che presenta nelle dirette implicazioni sia per vita individuale che per quella collettiva.
Sotto il profilo della collocazione strutturale degli individui è ipotizzabile un passaggio da una pluricollocazione rigida a una relativamente più flessibile, dunque, il mono centrismo esistenziale si sta modificando in policentrismo esistenziale, nel senso che gli individui sono sempre più in condizione di privilegiare più ambiti della propria esistenza. Ciò consente la compresenza di una molteciplità di dimensioni del vivere sociale, che tendono ad essere, tra loro, sempre più compatibili. La crescita di flessibilità abolisce la rigidità del ciclo vitale scandito in formazione, lavoro, pensionamento. Inoltre l’innovazione tecnologica ha modificato, oltre il modo di produrre e di lavorare anche la vita quotidiana di ogni persona. La flessibilità trova un ulteriore fattore di supporto nella crescita di complessità che caratterizza il nostro momento storico. Una società ipercomplessa presenta possibilità di scelta di controllo e di conoscenza superiore di quella possedute da coloro che vivevano in scenari passati. Anche i sistemi formativi differenti sono condizionati dalla crescita di flessibilità. Per esempio in Italia il sistema formativo è Cooptativo, ovvero, i ragazzi compiono una scelta riguardo il percorso formativo da seguire che condiziona anche gli sbocchi universitari. In America, invece, il sistema formativo è concorrenziale, in cui si spingono i ragazzi ad affermarsi sugli altri. Inoltre, il processo di internazionalizzazione della cultura ha portato un aumento dei livelli medi di formazione, condizione necessaria per non rimanere emarginati socialmente e relegati nella sottooccupazione. Dunque, è possibile individuare almeno 10 tematiche che interessano direttamente l’analisi e lo studio della sociologia dell’educazione.
Dieci aree tematiche rilevanti
1) Trasformazione del sistema formativo
Con l’avvento della società post-industriale, la scuola perde la sua funzione quasi monopolistica nel conservare e nel trasmettere il sapere, ed è costretta a ridefinire il proprio ruolo all’interno di un sistema policentrico determinato dalla presenza di molti poliformativi, tradizionali e nuovi, come per es. il computer.
2) Modalità di fruizione del sistema scolastico
Anche la fruizione scolastica si è modificata passando da massima continuità iniziale ad una fruizione scolastica della discontinuità data l’opportunità di integrare la formazione scolastica con il lavoro, oppure il desiderio di ritornare a studiare in età adulta.
3) Uguaglianza delle opportunità
All’analisi della sociologia dell’educazione va il merito di aver individuato che alcuni fattori incidono e condizionano l’accesso e la riuscita a scuola. Per esempio, la condizione economica può favorire o sfavorire la carriera scolastica, ma anche la dimensione culturale dei genitori o i condizionamenti degli insegnanti possono incidere sulla riuscita degli allievi, dunque, è necessario per la sociologia dell’educazione, mettere in atto delle strategie per reinterpretare il principio dell’uguaglianza nelle possibilità di accesso alla scuola, a tale riguardo si dovrebbe sostituire il paradigma dell’uniformità con quello della differenziazione, diretto a garantire la flessibilità della funzione scolastica e la personalizzazione degli itinerari formativi.
4) Dinamica della domanda e dell’offerta di formazione
Per quanto concerne il profilo dell’offerta si è accennato alla crescita continua di opportunità formative scolastiche e non. Per quanto riguarda la domanda, la ricerca Sociologica più recente ha evidenziato che essa tende a diventare più esigente, nel senso che le giovani generazioni non si concentrano solo sulla scuola, ma sono pronti a cambiare genere di studi se insoddisfatti, cercano di costruirsi percorsi formativi sempre più personalizzati. Dunque, la sociologia dell’educazione deve esplorare questi sentieri d’istituzione meno convenzionali e il perché i giovani tendono a sceglierli.
5) Raccordo col mercato del lavoro
Il passaggio dalla formazione al lavoro, risulta sempre meno netto e immediato, l’analisi sociologica si occupa di questi modi non tradizionali di uscita dal sistema scolastico, ma anche del fenomeno dei rientri a scuola da parte di giovani e adulti.
6) Aspetti sociologici delle politiche formative
Lo scenario di società flessibile consente di cogliere numero si stimoli e suggerimenti anche per quel che ottiene all’istruzione. Le oggettive difficoltà della scuola hanno indotto ad affrontare con maggiore sistematicità il tema dell’efficienza del sistema d’istruzione con particolare riferimento al problema degli sprechi alla questione dell’autonomia e all’introduzione delle nuove tecnologie informatiche.
7) Educazione interculturale
Un altro tema è quello dell’incontro tra culture diverse sia a causa dei flussi migratori in entrata, sia in vista dell’integrazione europea, che non può ridursi a un mero fatto economico. La sociologia dell’educazione è chiamata ad affrontare l’analisi del grado di relativa vicinanza o lontananza tra le culture che si incontrano e, inoltre, ha il compito di verificare sé il rapporto tra le culture è simmetrico o asimmetrico. Questi problemi devono essere necessariamente affrontati dalle scuole.
8) Il raccordo con le riforme
Nel settore scolastico l’esistenza di gravi ritardi connessi alle mancate riforme o alla resistenza delle innovazioni da parte degli operatori ha portato a definire la scuola come bloccata e chiusa al futuro. Fortunatamente anche nella scuola italiana esistono però degli insegnanti innovativi, attenti a cogliere i segni dei tempi e capaci di stabilire un valido rapporto educativo con le nuove generazioni, questo lavoro da parte degli insegnanti porta al superamento dell’idea della scuola bloccata.
9) Le novità culturali
Il mutamento del nostro momento storico è significativo soprattutto per quanto riguarda la cultura, intesa come modo di vivere di un gruppo sociale. Da qui l’attenzione della sociologia dell’educazione per verificare in che misura e con quali modalità le novità culturali vengono colte, esaminate ed inserite all’interno delle istituzioni formative.
10) Il ruolo docente
Tradizionalmente il ruolo del docente è stato studiato in termini di conoscenza, capacità e motivazione oppure riguardo la sua professionalità. Attualmente l’analisi sociologica tende ad evidenziare il rapporto dell’insegnante con le altre agenzie formative, la multimedialità l’atteggiamento nei confronti dei mutamenti socio-culturali in atto.
1) La Sociologia dell’educazione come scienza delle istituzioni e dei processi formativi
La sociologia dell’educazione, oggi, è riconosciuta come una branca specialistica della sociologia con la sua specialità nello studio delle istituzioni e dei processi formativi. La sociologia dell’educazione ha avuto un lento e travagliato processo, poiché, prima di affermarsi ha dovuto combattere con la pedagogia e la psicologia, occupandosi, infatti, anche a loro volta dell’educazione. Molti autori sottolineano un vuoto di studi e ricerche di sociologia dell’educazione, tra la tradizione dei classici della sociologia. Solo nel dopoguerra sia negli Stati Uniti che in Europa si registra una ripresa dell’interesse per l’analisi dell’educazione da un punto di vista sociologico.
Con ciò la sociologia dell’educazione si trova a dover operare un lavoro di chiarificazione e a sviluppare una identificazione per il distacco, cercando quei caratteri che la diversificano dalle altre scienze dell’educazione.
Negli Stati Uniti si apre un dibattito che assume anche i caratteri della controversia, fra coloro che sostengono la validità di una sociologia educativa nell’ambito degli studi pedagogici e coloro che, invece, ritengono necessaria una sociologia dell’educazione, come identificazione di un settore di studio diverso e strettamente sociologico dei processi educativi. Come ci fa osservare Cesareo la sociologia educativa è una teoria normativa, e si pone come tecnica per risolvere i problemi scolastici e come mezzo di controllo dei processi educativi, invece, la sociologia dell’educazione si sviluppa attraverso l’indagine empirica “una teoria in grado di spiegare situazioni e fenomeni presenti e passati, nonché di individuare tendenze e probabili alternative”.
Un’altra distinzione sta nel fatto che la sociologia educativa è volta all’azione pratica, mentre la sociologia dell’educazione si caratterizza come disciplina volta alla conoscenza dei fenomeni educativi. Quindi, la sociologia dell’educazione può essere definita come un settore di studio che colloca l’analisi dei fenomeni educativi, paragonabili ad una banca della sociologia generale. La sociologia dell’educazione una volta individuati scopi, oggetto di studio e definito i suoi confini si trova di fronte alla necessità di stabilire legami con le altre discipline come la pedagogia e la psicologia. Brookever individua 4 principali aree di studio della sociologia dell’educazione:
1) L’analisi delle relazioni del sistema educativo con altri aspetti della società;
2) Lo studio delle relazioni dentro la scuola;
3) L’analisi dell’influenza della scuola sul comportamento e sulla personalità dei suoi membri, con particolare riguardo alla figura dell’insegnante,
4) L’influenza della comunità e delle diverse agenzie di socializzazione sull’organizzazione scolastica.
Flaud e Halsey elencano 4 grandi aree di interesse per quanto riguarda la sociologia dell’educazione:
1) A livello generale: Il compito è quello di studiare il sistema educativo nelle sue relazioni con la più ampia struttura sociale, cioè con i sistemi dei valori, con l’economia ecc…
2) A livello più specifico: La sociologia dell’educazione deve studiare la struttura sociale e il funzionamento dei gruppi che costituiscono il sistema scolastico, come le scuole, le università ecc..
3) A livello ancora più ristretto: Le relazioni sociali riguardanti le attività educative, es. la cultura della scuola o il funzionamento della classe.
4) L’attenzione deve essere rivolta alle influenze educative implicite, esercitate dall’ambiente sociale di riferimento su studenti e insegnanti.
Horlsey sottolinea che nelle società industriali il sociologo pone la sua attenzione sulle istituzioni educative poiché è al loro interno che emergono i problemi dell’integrazione sociale, della persistenza e del cambiamento attraverso la trasmissione della cultura. Cesareo sostiene che la sociologia dell’educazione deve necessariamente occuparsi di alcuni settori particolari, quali per es. il rapporto tra sistema educativo e struttura sociale, la riflessione sulle variabili sociali dell’educabilità, l’analisi dell’istituzione scolastica e infine analizzare ciò che gli allievi apprendono grazie alla valutazione dell’efficienza e dell’efficacia dei sistemi formativi. L’attenzione su questi temi però non è stata costante nel tempo per cui il consolidamento teorico e metodologico della sociologia dell’educazione si è rallentato, anche se Ribolsi sostiene che alcuni tra questi temi è stato davvero sfrontato in particolar modo l’analisi della scuola, lo studio dei soggetti istituzionali, lo studio dei processi di socializzazione nei contesti extrascolastici.
Moscati evidenzia che la sociologia dell’educazione italiana nel suo sviluppo ha stabilito tre fasi fondamentali:
1) Determinata dal cambiamento dove l’istruzione diventa un elemento fondamentale.
2) La seconda fase corrisponde all’accentuarsi del legame tra istruzione, stratificazione e mobilità sociale, ovviamente questo argomento ci riporta al tema dell’uguaglianza delle opportunità di fronte all’istruzione.
3) La terza fase corrisponde al recupero del ruolo dei soggetti all’interno delle dinamiche formative.
Tra gli anni 60/70 la sociologia dell’educazione rivolge la sua attenzione sulla condizione giovanile, o meglio sul rapporto tra il mercato del lavoro e le competenze dei giovani. Questa ricostruzione dell’evoluzione della sociologia dell’educazione in Italia, consente un bilancio positivo del grado di maturazione di tale disciplina, ma ciò non significa che la sociologia dell’educazione non debba fare i conti con la necessità di rimettere in discussione i dati raccolti nel corso della ricerca.
2) Fondamenti nello studio del rapporto educazione società. Dipendenza e integrazione
Come già ribadito più volte, la sociologia dell’educazione non può fare a meno di seguire e di analizzare gli approcci teorici della sociologia generale, senza però rimanere dipendente da essa. Infatti, tra teoria generale e sociologia dell’educazione offre alla sociologia generale elementi per la chiarificazione o la riformulazione di concetti e teorie. Possiamo affrontate l’esame del rapporto educazione – società distinguendo 3 fasi:
1) La prima fase fondativi, che corrisponde all’impostazione della riflessione sul rapporto educazione – società all’interno della sociologia. A questa prima fase va fatta risalire la fondazione degli aspetti teorici portanti della sociologia dell’educazione.
2) La seconda fase può essere definita quella dell’autonomia dei fatti educativi rispetto alle strutture sociali esistenti: in questa fase può essere definita quella dell’autonomia dei fatti educativi rispetto alla struttura sociale esistente: in questa fase la sociologia dell’educazione consegue una sua autonomia in quanto disciplina, ma soprattutto contribuisce a fare emergere prospettive alternative, come quella conflittuale
3) La terza fase si presenta all’insegna dell’interdipendenza, sia tra processi formativi e strutture sociali più ampie, sia tra società e suoi diversi sottosistemi.
La fase dell’interdipendenza, ci propone una teoria multidimensionale, articolata tra azione degli individui e funzionamento delle istituzioni.
La scoperta sociale dell’educazione
Con l’avvento della società industriale l’educazione assume un grande rilievo, con ciò si può parlare di “scoperta sociale dell’educazione”. Questa rilevanza sociale dell’educazione diventa anche una rilevanza in senso sociologico, in quanto la riflessione sociologica pone progressivamente grande attenzione dei processi di integrazione e di cambiamento sociale. La “scoperta sociale” metterà in luce l’esistenza di diverse concezioni riguardanti il rapporto che intercorre tra educazione e società. Porsi il problema dell’educazione dei suoi scopi e delle sue funzioni, significa anche mettere in evidenza un nodo centrale, quello riguardante l’ordine sociale. Sono i mutamenti nella struttura socio - economica che hanno reso possibile un pensiero sociologico e del suo oggetto di studio che fa riferimento all’uomo in quanto essere socialmente condizionato. La “scoperta sociale dell’educazione” è pertanto legata ai grandi processi di trasformazione della società, che riguardano i diversi ambiti economici, politici, culturali.
Emile Durkeim
La società come “autorità morale”
Per Emile Durkheim il legame di dipendenza della educazione dalla società evidentemente è importante. Il problema centrale della sociologia di D. riguarda l’ordine e l’integrazione sociale. Per D. la teoria che spiega come sia possibile l’ordine sociale, cioè fondandolo sulla cauzione e sulla solidarietà tra gli individui e quindi sulla condivisione di valori comuni.
Cohen distingue 4 tipi di teorie che spiegano l’esistenza dell’ordine sociale: Coercizione, ordine cioè timore per il mancato rispetto delle norme. Interesse, che si può dividere in due filoni, il primo cioè l’uomo che scopre un interesse per un ordinamento da rispettare, in secondo luogo pensando che l’ordine sociale sia il risultato non intenzionale dell’azione di molti soggetti. La terza teoria riguarda il consenso ad alcuni valori comuni, soprattutto morali. L’ultimo è la teoria dell’inerzia, spiega la continuità della vita sociale e la tendenza generale ad opporsi al cambiamento. Per D. l’ordine sociale va collegato all’interno della teoria che fa riferimento ad una relazione all’esistenza di valori comuni. Secondo D. in una società moderna e industrializzata, nella quale si realizza una divisione del lavoro non si può parlare di conoscenza collettiva, poiché i conflitti e le tensioni indeboliscono il consenso generalizzato dei valori. Per D. il punto di partenza per spiegare le forme della solidarietà sociale é la società con le sue esigenze di continuità e di stabilità, poiché l’individuo, per D., lasciato a se stesso sarebbe un essere asociale ed egoista, mentre il legame con la società far di lui un uomo nuovo. La società premoderna definita da D. segmentaria é caratterizzata da una uniformità tra gli individui e quindi da una solidarietà meccanica, riguardante i valori.
La società industriale viene definito da D. società organica, cioè le parti che la compongono sono coordinate e subordinate, questa società è caratterizzata da una solidarietà organica. Durkein incontra grosse difficoltà nel trovare un fondamento alla solidarietà organica, perché la divisione del lavoro da sola non offre una soluzione, pertanto D. tenterà di riuscire dalle ambivalenze della solidarietà con delle linee di pensiero:
1) la superiorità morale della società rispetto all’individuo;
2) la necessità dell’individuo di cogliere la superiorità morale;
3) una concezione precisa dell’individuo che si oppone all’individualismo radicale;
4) la sacralità del rapporto dell’individuo con la sua società.
Per D. il rapporto educazione e società sottolinea come l’educazione sia una variabile che da un lato si definisce in funzione della società e dall’altro si qualifica come strumento indispensabile di costruzione dell’essere sociale.
Karl Marx struttura economica ed educazione
L’idea Marxista di educazione è strettamente legata alla struttura economica. Per Marx come Durkeim la coscienza individuale ha un’origine sociale è una realtà prodotta dagli uomini, dunque una realtà modificabile tramite l’azione dell’uomo ha coscienza, diviene strumento dall’azione e la prassi é un prodotto del continuo conforto tra l’uomo e il problema di come rendere possibile la propria esistenza. Per chiarire il rapporto tra società ed educazione Marx utilizza due concetti: 1) Il concetto di contraddizione; 2) quello di eliminazione. Il primo definisce l’antagonismo esistente tra gli uomini in relazione ad una determinata realtà sociale. Contraddizione che nella società capitalista Marx sottolinea tra un forte contrasto di interessi e di distribuzione del lavoro e dei suoi prodotti, dall’altro lato evidenzia un aumento progressivo della maggioranza della gente. Dunque evidenzia una dicotomia tra un gruppo in posizione di controllo (borghesia) e un gruppo sottocontrollo (proletario). A questo punto concetto di eliminazione è strettamente legato quello di eliminazione che Marx descrive come un rovesciamento dei rapporti originari tra uomo e realtà; l’alienazione è estraniazione perché l’uomo perde il legame con il prodotto della sua attività. Così come si presenta la società capitalista, anche l’educazione si realizza all’insegna della contraddizione e dall’antagonismo fra le classi, proprio perché all’educazione Marx dà una concezione sia negativa che positiva. La concezione negativa è affibbiata ai differenti tipi di educazione destinati a borghesi e operai, mentre quella positiva è data all’importante processo di emancipazione che l’educazione produce nell’uomo e nella società. Il rapporto tra educazione e società evidenzia due elementi importanti della teoria di Marx, da un lato si pone in maniera critica nei confronti della società esistente in cui l’educazione è variabile dipendente, dall’altro lato in chiave propositiva propone l’educazione come emancipazione e riappropriazione della propria umanità che spinge alla rivoluzione e all’avvento di una società senza classi.
Max Weber: L’introduzione tra potere e prestigio
Per Weber la sociologia consiste nello studio dell’azione sociale, intesa come azione intenzionale dotata di senso e riferita all’atteggiamento di altri individui. Gli individui attribuiscono significato alla realtà e all’azione degli altri, è grazie a questo che si stabiliscono le relazioni sociali, in cui vi è un minimo di reciprocità dell’agire di entrambe le parti. A partire da questa definizione Weber traccia un nesso tra cultura, potere ed educazione.
Weber accanto al concetto di classe introduce il concetto di ceto, che determina l’appartenenza di un individuo e i suoi orientamenti culturali. Ogni singolo ceto possiede oltre ad un proprio orientamento variabile e un proprio stile di vita, anche un suo ideale educativo: per es. il ceto protestante e il ceto cattolico differiscono nelle scelte del modello educativo, es. gli studenti protestanti proseguono studi di tipo tecnico mentre i cattolici sono propensi agli studi umanistici. Weber sottolinea inoltre il rapporti che intercorrono tra stralificazione sociale ed educazione, in effetti lo strato prevalente tende ad imporre oltre che la propria volontà, anche il proprio modello educativo.
Weber sostiene che l’istruzione è strettamente legata alla struttura del potere, intesa come combinazione di diversi fattori economici, culturali e politici Weber individua tre tipi ideali di poteri: carismatica, tradizionale e legale.
Il potere carismatico ha alla base il carisma di un individuo e si basa su una cultura orale. L’ideale educativo è l’iniziato cioè colui che accede a questo sapere segreto tramite prove e cerimonie. Il potere tradizionale è legato alla tradizione, alla cultura scritta e il suo ideale educativo è l’uomo colto. Il potere legale nazionale è quello relativo alla cultura tecnico pratica, rappresentata nell’ideale educativo dello specialista. La domanda di competenza tecnica, di persona professionalizzata fa retrocedere l’ideale dell’uomo colto.
Georg Simmel: L’educazione tra cultura oggettiva e sviluppo dell’individualità
Rimmel sostiene l’importanza delle associazioni dunque delle forme della stabilità, poiché la società deve essere considerata a partire dall’azione e dall’interazione degli individui. Ma secondo Simmel per avvenire ciò vi devono essere degli apriori della vita sociale. Il primo è quello in cui l’individuo appartiene ad un gruppo; non è soltanto parte di una società, ma è anche altro, ovvero, ha una sua sfera privata. Il terzo aspetto della vita sociale è legato alla società stessa che ha al suo interno degli elementi diseguali della funzioni differenti e un ordine fatto di elementi determinati dal posto che occupano. Da questa teoria si trae l’importanza che Simmel dà all’individualità e ai rapporti che essa ha con la collettività. Una personalità che deve tener conto sia della cultura che della modernità, in questo senso egli descrive il processo di aggettivazione che avviene allorquando un individuo attraverso la cultura e l’organizzazione del gruppo passa da una sfera oggettiva ad una sfera soggettiva. Per Simmel l’ordine moderno è costantemente sotto uno stato di crisi cronica che può essere superata solo attraverso un processo educativo focalizzato sullo sviluppo della potenzialità dell’individuo e di una sua capacità di resistenza all’inglobamento dentro le forme oggettive della cultura.
Karl Mannheim: I condizionamenti della cultura
Per Mannheim l’educazione deve essere intesa come strumento con cui influisce sul modo di pensare degli individui; è importante dunque analizzare il rapporto tra conoscenza e struttura sociale che consenta all’individuo lo sviluppo completo e consapevole dei condizionamenti. Da un lato l’individuo deve necessariamente adattarsi all’educazione, dall’altro se ne deve distaccare.
Talcot Parsons: La socializzazione come integrazione di società, cultura e personalità
Il rapporto tra educazione e società in Parsons è legato al suo concetto di azione sociale, analizzando i sottostimi funzionali della società e la loro interdipendenza. L’azione sociale per Parsons è quell’azione compiuta da un agente in vista di un fine in relazione a una situazione e a una valutazione delle alternative presenti secondo un criterio detto normativo, poiché costituisce la guida dall’azione. Parsons sottolineò come l’azione avvenga all’interno di un sistema di aspettative reciproche, e attraverso complementarietà degli attori. Secondo Parsons la società è organizzata in base a degli imperativi funzionali. Egli distingue tre centri di integrazione: Il sistema sociale, che è un sistema di integrazione tra posizione e ruoli sociali; il sistema culturale che corrisponde all’insieme dei modelli culturali presenti in una società; il sistema della personalità che fa riferimento al soggetto agente individuale. Infine Parsons aggiungerà un quarto sistema quello biologico riferito all’adattamento biologico dell’individuo all’ambiente. Questi 4 sistemi devono rispettare alcuni imperativi generali di funzionamento e Parsons mette a punto un modello che viene chiamato AGIL. Questo modello può essere applicato in tutte le società per essere descrittivo e interpretato nei suoi elementi e nelle sue relazioni. Per Parsons l’educazione è anche essa una funzione e intende la socializzazione come un processo di apprendimento che mette in relazione il socializzando con il sistema delle aspettative collegate a uno o più ruoli da svolgere, dunque è stretto il legame che corre tra formazione della personalità, organizzazione sociale e assetto normativo e valoriale di una società; di conseguenza Parsons elabora il paradigma fondamentale dell’interazione sociale in cui l’educazione è fondamentale per attivare legami di interdipendenza tra i vari sistemi. Nella teoria sistemico-funzionale di Parsons l’educazione dunque risulta variabile dipendente.
3) Problematizzazione del rapporto tra educazione e società
La rottura del legame di dipendenza, consenso, conflitto e policentrismo formativo fino alla metà degli anni 60, l’interpretazione dei processi sociali, e, quindi, anche quella educativa, avviene secondo un ottica funzionalista e integrazionista, lasciando poco spazio ai conflitti e alle tensioni sociali che si sviluppano in un ambito educativo. Fino agli anni 60 il sistema formativo era decisamente scuolacentrico; è solo dopo questi anni che alla scuola si affiancano altre agenzie educative. Fino agli anni 50 la scuola si presenta come un’istituzione in grado di rispondere alle aspettative sociali ed individuali. Negli anni 60 invece si assiste ad una forte espansione della scolarizzazione sia nella scuola d’obbligo, sia nella scuola secondaria e all’università. Questa forte domanda di istruzione mette in crisi il legame tra scuola e sbocchi occupazionali; il problema, infatti, si fa più evidente quando la scuola viene investita da un numero sempre crescente di compiti ai quali non è in grado di farvi fronte. Dunque ad un modello formativo scuolacentrico si sostituisce un modello formativo policentrico, che riporta in luce l’esistenza di altre agenzie e di altre occasioni formative. Negli anni 70 la sociologia inizia ad analizzare ed a interessarsi sia alle teorie del consenso, sia alle teorie del conflitto. Accanto alla matrice conflittualistica riemerge e si sviluppa nella riflessione sociologica la corrente dell’interazionismo simbolico. Questa teoria viene ripresa da Parsons per spiegare la formazione del sé sociale, tramite i processi di imitazione e di interiorizzazione. Fenomenologico e interazionismo simbolico propongono un approccio diverso dall’analisi della realtà sociale centrato sull’interazione e sullo scambio di significati che valorizza il ruolo dl soggetto e dell’intersoggettività. Il rapporto educazione - società viene inteso sempre più in termini di continuità. Questo significa per la sociologia dell’educazione svolgere un lavoro teorico ed amplifico insieme, significa leggere i processi formativi e acquisire un ruolo critico nei confronti della società e dell’esistenza di forme di sopraffazione, di disuguaglianza, di povertà culturale. La scuola può essere considerata autonoma nel momento in cui inizia a svolgere un ruolo attivo nel proporre o modificare i fini o le funzioni dell’educazione. Scuola autonoma, di un autonomia relativa, poiché l’educazione è una forza sociale e inoltre da sola non produce trasformazioni sociali.
Altre le dicotomie classiche. Interdipendenza e Multidimensionalità
Se negli anni 70 il dibattito sociologico era incentrato sulla contrapposizione tra teorie del conflitto e teorie del consenso, negli anni 80 la sociologia si occupa della contrapposizione tra approcci micro in sociologia. Anche in questa contrapposizione viene mossa una critica nei confronti del funzionalismo poiché esso aveva enfatizzato un analisi macro delle strutture e dei sistemi trascurando le dinamiche dell’interazione e ciò che avviene nell’ambito della vita quotidiana con la fenomenologia e l’interazionismo simbolico si porta l’attenzione della sociologia in ambito micro, ovvero nell’analisi dell’intersoggettività e dei rapporti interpersonali. È grazie all’attenzione questi processi microsociali e alla costruzione della realtà tramite le azioni reciproche degli individui, che si tenta di costruire il legame tra educazione, trasmissione e produzione di conoscenza, partendo dall’idea di un individuo attivo nel dare senso alla sua vita in rapporto agli altri individui. Negli anni 80 e soprattutto negli anni 90 si assiste a un ritorno del soggetto sulla scena della riflessione sociologica. Si pensano dunque nuovi paradigmi per definire l’approccio all’analisi della realtà sociale; si tratta di concetti quale quello di interdipendenza in vista di un equilibrio da mantenere o da raggiungere. Nell’interpretazione il rapporto tra i sistemi indica una relazione fra sistemi che appartengono reciprocamente l’uno all’ambiente dell’altro, ma che non crea una gerarchia tra sistemi. Questi due concetti vengono utilizzati in sociologia per indicare come l’educazione entra in rapporto con gli altri ambiti conservando la sua specificità e integrità.
Un’altra categoria importante per definire i rapporti tra educazione e società è quella della multidimensionalità, che definisce la necessità di affrontare in modo nuovo i legami tra processi micro e macro. Archer sottolinea il dualismo tra educazione e società, individuo e società ed
č a questo livello che il compito della sociologia diviene quello di concettualizzare e teorizzare la relazione tra interazione e strutture sociali, evitando l'approccio solo alla struttura o solo all'interazione. Interdipendenza e Multidimensionalitā superano la concezione del rapporto educazione e societā come semplice dipendenza funzionale, ma a ciascuna fase il rapporto educazione societā si configura all'insegna di un paradigma interpretativo diverso. Pertanto la linearitā considera l'educazione come una variabile dipendente e funzionale ai fini dell'integrazione sociale. La discontinuitā indica la rottura di questo rapporto di dipendenza a favore del pluralismo e del policentrismo formativo; infine la circolaritā indica una reciproca influenza e strutturazione tra educazione e societā. Al primo paradigma corrisponde una fase e una problematica differente. Nella fase fondativa, quella dettata dalla linearitā, il problema č quello dell'ordine sociale e dell'integrazione. Nella fase dell'autonomia, quindi discontinuitā, il problema č quello del pluralismo. Nell'ultima fase, quella dell'interdipendenza, il problema del pluralismo viene definito in termini di complessitā sociale.
4) Modelli di socializzazione
Socializzazione ed educazione
Ogni società per esistere e sussistere ha la necessità di socializzare nuove generazioni, ovvero di fare acquisire valori, norme, atteggiamenti e comportamenti generalmente condivisi dal gruppo sociale di appartenenza. Ciò serve a spiegare l’esigenza per la società di integrare gli individui in ordine alla propria stabilità e continuità e sulla necessità per l’individuo di corrispondere a queste aspettative al fine di costruire la propria identità sociale. Ritroviamo anche nella socializzazione la dicotomia società e individuo. Per Manheim i processi educativi vengono distinti tra livello formale e informale. Nel livello formale è importante l’intenzionalità e la progettualità specifica del processo educativo e quello rappresentato dalla famiglia e dalla scuola. A livello informale troviamo invece tutte quelle relazioni che producono un effetto socializzante, ovvero gli orientamenti e i significati assunti dal soggetto e il suo adattamento alle norme e regole definite dall’ambiente sociale.
Per Cesario, invece, l’educazione implica un rapporto non necessariamente asimmetrico e presente a un certo grado di consapevolezza da parte di coloro che sono coinvolti, mentre la socializzazione comprende tutto quanto attivamente o passivamente concorre all’inserimento di un individuo nei gruppi sociali.
Infine Sgroi elabora un altro criterio per distinguere educazione e socializzazione. La socializzazione rappresenta il processo reale che avviene nei rapporti sociali e che mette in evidenza i rapporti di forze esistenti tra gruppi. L’educazione rappresenta un sistema ideale e simbolico dei significati che si attribuiscono agli atteggiamenti e ai comportamenti umani. L’educazione diviene dunque la tensione ideale dei processi reale di socializzazione. Secondo altri teorici come Durkheim e Weber, l’educazione corrisponde a una risposta alla progressiva differenziazione sociale che porta a una specializzazione del sapere.
La socializzazione come processo
La socializzazione è un processo che si realizza nel corso dell’esistenza dell’individuo, soprattutto nella società contemporanea nella quale il soggetto adattandosi a nuove situazioni deve desocializzazre gli orientamenti di valore precedente e risocializzare un nuovo sistema di aspettative. Per analizzare questo processo possiamo avvalerci di diversi approcci teorici che si distinguono per la diversa importanza che assume a loro interno l’elemento di integrazione sociale.
1) Approccio Funzionalista è strettamente legato all’idea di Durkheim dell’educazione, intesa come mezzo attraverso il quale le generazioni adulte impartiscono il patrimonio culturale su quelle non ancora mature. Secondo questa teoria la società è una autorità morale bene organizzata in cui ciascuno andrà ad occupare il posto per il quale è destinato, ogni individuo è destinato a un compito particolare e limitato, per cui l’educazione deve essere specialistica e differenziata. Ovviamente è la scuola che deve svolgere questo compito. Anche Parsons come Durkheim intende l’educazione in tal senso, e distingue la socializzazione primaria da quella secondaria. Nella socializzazione primaria secondo Parsons vengono interiorizzati gli orientamenti fondamentali di valore, mediante i quali si struttura la personalità fondamentale. Nella socializzazione secondaria avviene una specificazione, gli orientamenti fondamentali si trasformano in orientamenti di ruolo che implicano ovviamente una variabilità personale, di conseguenza anche modificazioni della struttura della personalità. La formazione della personalità implica l’azione dei meccanismi di apprendimento che sono più importanti e più forti rispetto ai meccanismi attuati nella socializzazione secondaria. Per Parsons le agenzie fondamentali di socializzazione sono la scuola e la famiglia, la famiglia svolge un ruolo fondamentale nella socializzazione primaria, ruolo che non può essere sostituito da nessun altra agenzia. La scuola invece si inserisce tra famiglia e mondo del lavoro. Essa ha il compito di verificare quanto appreso in ambito familiare. La socializzazione scolastica presenta due aspetti, quello intellettuale in cui si fornisce la conoscenza, la capacità e la competenza; e quello morale che può identificarsi con un responsabile civismo all’interno della scuola e poi di conseguenza all’interno della società.
2) Approccio Conflittualista; questo tipo di approccio si sviluppa in maniera diametralmente opposta a quello funzionalista. Secondo questa teoria la socializzazione è legata ai rapporti sociali in termine di dominio per cui l’educazione viene considerata come riproduzione dei rapporti di forze esistenti. Il compito della sociologia dell’educazione è quello di abolire l’ordine sociale esistente e di abolire la scuola che tende a mantenere le gerarchie sociali. All’interno delle teorie conflittualistiche si distinguono teorici della riproduzione sociale e teorici della riproduzione culturale. I primi mettono in discussione il rapporto tra struttura e sovrastruttura e quindi di ripensare la nozione di ideologia. I teorici della riproduzione culturale mettono in discussione il rapporto esistente tra cultura familiare e cultura scolastica, la quale spesso equivale all’ideologia della classe dominante. Accanto alle teorie della riproduzione sociale e culturale, troviamo la teoria della resistenza, cioè quella teoria che è volta a chiarire come il legame tra classe sociale e uguaglianza delle opportunità rimangano astratte.
3) Approccio Interazionista-Fenomenologico, questo tipo di approccio si basa sulla psicologia sociale e sulla filosofia fenomenologia. Secondo questa teoria l’uomo partecipa attivamente alla realtà sociale e di conseguenza le sue azioni sono portatrici di senso. L’uomo conferisce un senso e un simbolo ad ogni oggetto con il quale entra in contatto quotidianamente. Ciò sta ad indicare che a differenza degli animali l’individuo non ha risposte esclusive di tipo istintuale; e inoltre l’interazionismo simbolico ci spiega che è importante l’interazione tra due soggetti e non il comportamento del singolo individuo. L’approccio interazionista è segnato da due filoni principali, il primo sviluppato da Blumer che sottolinea gli aspetti microsociali dell’interazione sottolineando che i significati assunti da un oggetto sono soggettivi. Il secondo sviluppato Kuhm il quale interpreta l’azione sociale soprattutto nei suoi legami con la struttura sociale, sottolineando gli aspetti oggettivi e la prevedibilità dei comportamenti. Con Berger e Luckmann abbiamo una sintesi di questi due filoni; essi sostengono che nel corso della socializzazione primaria il bambino interiorizza la realtà di senso comune in forma di tipizzazione, ovvero di modelli utili per l’agire sociale, che sono diventati tali perché oggettivati nella struttura sociale. Nella socializzazione secondaria la realtà appresa oggettivamente diviene realtà oggettiva perché vissuta e trasformata secondo il modo di vivere del soggetto
Socializzazione, devianza e controllo sociale
Mentre per Parsons quando la socializzazione fallisce è considerato patologica (il soggetto), per Berger e Luckmann la socializzazione non può riuscire perfettamente, pertanto nelle riuscite parziali il soggetto non può essere considerato come deviante. L’interazionismo simbolico imposta lo studio sulla devianza e sul controllo sociale in maniera complementare diverso degli altri approcci, proprio perché esso non assume come criterio di riferimento la conformità. La devianza viene collocata all’interno delle relazioni sociali poiché essa è il frutto di fattori oggettivi dettati dalla struttura sociale e fattori soggettivi dettati dall’agire umano. Allo stesso modo il controllo sociale non appare più come un processo che il sistema sociale mette in atto in termini di prevenzione e sanzione, infatti esso viene messo in atto nella misura in cui si presentano devianze individuali e collettivite al fine di stabilire e mantenere l’ordine sociale. La devianza deve essere distinta dalla ribellione, poiché la ribellione è attuata da un gruppo per contestare in modo aperto le mete culturali condivise nella società, e si impegna per cambiarli; invece il deviante opera di nascosto e non mette in discussione le norme sociali che vuole.
Mutamento culturale e processi di socializzazione distinguono 3 modelli di socializzazione:
1) Integrazionista, che mira all’integrazione che la socializzazione deve realizzare;
2) Conflittualista, che mette in evidenza la resistenza che i soggetti attuano contro i condizionamenti sociali;
3) Comunicativo, che si realizza grazie alla comunicazione dei membri che partecipano all’interazione finalizzata alla socializzazione (60 modello integrazionista; 70 modello conflittualista; 80/90 modello comunicativo)
5) Percorsi dell’identità
Intenzione e formazione del sé sociale
L’interazionismo simbolico secondo Blumer poggia su 3 premesse: 1) Gli uomini interagiscono con le cose sulla base dei significati che le cose hanno per loro. 2) I significati vengono prodotti dall’interazione sociale. 3) Questi significati vengono modificati attraverso un processo interpretativo messo in atto da un individuo quando entra in rapporto con i segni.
Emerge da questa definizione che individuo e società sono entità inseparabili, gli assi portanti di questa struttura sono il linguaggio e la capacità dell’individuo di diventare oggetto a se stesso. Diventare oggetto a se stesso significa uscire da sé e controllarsi dal punto di vista dall’alto divenendo così oggetto. Il sé è un esperienza indiretta mediata dagli altri con i quali il soggetto impara a comunicare. Il sé è quindi una struttura sociale e nasce grazie all’esperienza sociale. Nella costruzione del sé Mead sottolinea l’importanza del gioco. Egli distingue due fasi: il Play ovvero gioco spontaneo mentre il Game è il gioco organizzato che segna un passaggio importante che fa riferimento all’individuazione e accettazione delle regole del gioco. La capacità di rispettare le regole segna la costruzione dell’altro generalizzato, in cui l’individuo interiorizza valori e norme della società a cui appartiene.
Personalità e socializzazione
Secondo Parsons esistono due tipi di personalità: La personalità fondamentale nel corso della socializzazione primaria, durante la quale si interiorizzano gli orientamenti di valore espressi da coloro che socializzano il bambino. La personalità di base si differenzia per alcune componenti fondamentali per es. il sesso la classe di appartenenza, ecc…
Nel corso della formazione della personalità di base oltre ad essere attivi agli elementi di differenziazione il soggetto fa riferimento al tipo di personalità e risulta dipendente dalla configurazione sociale, anche se essa non rimane del tutto vincolata alla personalità morale; la personalità è una variabile indipendente nella misura in cui è in grado di selezionare valori e norme, di resistere ai condizionamenti e ai mutamenti. L’evidenza che la formazione della personalità avviene in relazione alle richieste e alle aspettative dei gruppi sociali che si uniformano agli idealtipi. Secondo Risman esistono 3 tipi di personalità modale: 1) L’uomo diretto alla tradizione, assume modelli culturali tradizionali come suoi riferimenti (tipico del medioevo). 2) L’uomo auto-diretto, possiede una salda personalità data dai processi di interarizzazione durante la socializzazione primaria, è una persona stabile che possiede un certo controllo sulla propria vita (rinascimento).
3) L’uomo etero-diretto, possiede una personalità variabile poiché si adatta alle mode e alle idee dei suoi contemporanei (contemporaneo).
Nella società moderna si parla di purità di personalità modale. L’esistenza di una pluralità di personalità modale, mette in crisi il principio dell’uniformità e dell’assunto dell’ultra socializzazione, teoria dell’identità.
L’identità è un concetto-relazione poiché l’identità non è direttamente attribuita al soggetto; esso si sviluppa a seguito dello scambio con gli altri nel corso dell’interazione sociale.
Una distinzione frequente viene fatta tra identità sociali, alla prima corrisponde il sé del soggetto, la seconda viene a definire come una componente del sé, come la parte sociale e socializzata. L’identità si presenta come l’insieme di componenti individuali e collettivi, è un processo di integrazione e sintesi di queste componenti. L’identità nasce soprattutto come scoperta dell’alterità come traguardo di conquista dell’autonomia dell’io traguardo che si raggiunge solo sulla percezione della differenza dell’altro. Parsons identifica l’identità con il quarto requisito funzionale descritto nel modello AGIL, ovvero l’identità svolge la funzione di controllo e mantenimento degli orientamenti di valore interiorizzati dal soggetto, l’identità diviene una struttura unitaria e corrente che definisce la permanenza del soggetto e la sua congruenza con il sistema sociale. L’interazionismo simbolico dato da Mead ma soprattutto da Blumer identifica l’identità come un mezzo dinamico all’interno dei processi comunicativi in cui il soggetto mette in discussione la realtà oggettiva interpretandola e negoziandola all’interno dell’interazione sociale. Goffmarn, invece, analizza il problema tra la differenza che intercorre tra identità personale e identità sociale, proprio perché il soggetto rappresenta una parte di sé ma non la sua personalità, mostra i suoi comportamenti senza lasciare intravedere il suo io. Secondo Turner questa discontinuità tra concezione di sé (identità) e immagine di sé porta a concepire l’identità come tensione continua tra io e me. Il terzo approccio allo studio dell’identità è quello fenomenologico; esso sostiene un identità aperta, molteplice che non è stabile ma che si costruisce e ricostruisce a seconda dell’interazione, ciò porta a un idea di identità debole che apre diversi interrogativi rispetto al problema del senso e dell’agire individuale.
Identità e solidarietà
6) L’uguaglianza di opportunità di fronte all’istituzione
La sociologia, nell’età moderna, inizia ad analizzare il problema dell’uguaglianza all’interno dei gruppi e soprattutto l’uguaglianza delle opportunità di fronte all’istituzione. In tal senso sono state sviluppate 2 teorie: 1) La prima definisce l’uguaglianza come uguale possibilità di accesso per tutti a posizione di potere e prestigio. 2) La seconda sostiene l’idea di uguaglianza sostanziale, ovvero di un accesso a posizioni uguali. Tra queste teorie la differenza sostanziale è data dal diverso modo di concepire la stratificazione sociale.
Secondo le teorie dei diversi autori, possiamo specificare i diversi modi di vivere il rapporto tra uguaglianza e stratificazione sociale.
Secondo Parsons, per tutti è possibile migliorare la propria posizione, solo se esistono uguali possibilità di accesso all’istruzione.
Per Marx sarebbe possibile solo se la scuola non fosse la riproduzione delle disuguaglianze sociali.
Infine Weber sostiene che la stratificazione sociale è la pluralità di fattori individuali e sociali. La teoria di Weber sulla stratificazione sociale sviluppa l’idea di una distribuzione sociale delle posizioni e del prestigio, legata sia all’agire dell’individuo sia all’aggregazione con il gruppo, dunque ciò permette una mobilità sia individuale che collettiva. Queste diverse teorie sulla stratificazione evidenziano anche un modo diverso di disuguaglianza. Questa critica sulla disuguaglianza delle opportunità ha portato ad una trasformazione dei contesti educativi e alla caduta delle barriere che impediscono l’accesso di diversi livelli di scolarità.
In Italia l’istituzione scuola ha vissuto nel corso di quest’ultimo secolo 2 dilemmi:
1) Selezione – socializzazione, che intendeva selezionare solo coloro che potevano accedervi.
2) Uguaglianza – selezione, che tendeva ad integrare la nuova generazione.
F.N.